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VILLARICCA - IL COMANDANTE DEL CORPO DI PM - SUA COLLOCAZIONE ALLA LUCE DEL NUOVO ORDINAMENTO PROFESSIONALE a cura di Luigi Verde



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Riceviamo e pubblichiamo


Il Comandante del Corpo di PM
Sua collocazione alla luce del Nuovo Ordinamento Professionale
Brevi riflessioni a cura del dr Luigi Verde, C.te PM di Villaricca (NA)

Con l’entrata in vigore dei tre contratti collettivi nazionali di lavoro rispettivamente afferenti all’ordinamento professionale (31 marzo 1999), alle collocazioni giuridiche ed economiche del personale delle Regioni ed Enti Locali (1 aprile 1999 e 14 settembre 2000), si sono profilati nuovi sistemi di inquadramento modificanti la preesistente “qualifica funzionale” e, collocando, per effetto del raggiunto accordo, gli agenti di polizia municipale e locale nella fascia “C” ai sensi del disposto normativo di cui all’art. 7, comma 4, del CCNL Regioni/Enti Locali 31 marzo 1999 sull’ordinamento professionale. Conseguentemente e per effetto della norma di cui all’art. 29 CCNL Regioni/Enti Locali del 14.09.2000, veniva disposto che per quanti inquadrati, a seguito di regolare concorso, nella vecchia normativa contrattuale nell’ex VI livello funzionale e svolgenti funzioni di coordinamento e controllo, si procedesse alla ricollocazione in fascia “D”. Va chiarito che la Polizia Municipale, rispetto all’ordinamento generale dei comuni ed enti locali in genere, svolge le proprie funzioni e trova la propria effettiva collocazione giusta la legge-quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale n. 65/86, la quale non è stata intaccata minimamente nella sua struttura principale e di principio giuridico, dal ciclone legislativo che ha investito lo status dei dipendenti degli enti locali così come si evince dall’art. 70, comma 2, decreto legislativo n. 165/2001. Infatti, rispetto agli stessi, la Polizia Municipale ha qualità di polizia e svolge funzioni di polizia amministrativa e polizia giudiziaria come più volte confermato dalla corrente giurisprudenza e tra questa: T.A.R Lazio-sez. II bis, sentenza 3 luglio/30 settembre 1997, n. 1512, che chiarisce la diversità dell’attività della Polizia Municipale rispetto alla massa dei dipendenti degli Enti Locali; T.A.R. Campania- sez. V ord. 366/96; T.A.R. Sicilia –sez. Catania- sez. III, n. 1148/97; T.A.R. Lombardia, sez. II, n. 4301/97; T.A.R. Lazio, sez. II bis ord.ze nn. 508/98; 1500/98; 2151/98 e da ultimo lo stesso Consiglio di Stato in risposta al tentativo di massificazione effettuato dal Comune di Roma. In quell’ambito il Consiglio di Stato chiarì apertamente che la Polizia Municipale ha una propria luce, diversa da quella degli altri poteri amministrativi, dai quali si differenzia proprio per lo specifico fine da perseguire, poiché trattasi di tipica espressione della potestà di polizia tesa sostanzialmente ad imporre il rispetto, da parte della collettività, presente sul territorio, delle regole di convivenza contenute nelle leggi e nei regolamenti, intervento sia in via preventiva (attraverso l’attività di polizia amministrativa e di sicurezza), sia in forma repressiva (detta anche attività di polizia giudiziaria). Come chiaramente si evidenzia la Polizia Municipale è distinta dal contesto generale dell’ente ed organizzata secondo strutture gerarchico-funzionali (cfr. art. 9, comma 2, legge n. 65/86) e con distinti ruoli così come sancito dall’art. 7, comma 3, legge n. 65/86 -e ribadito dall’art. 11, comma 1, lett. b) e dall’art. 12, comma 1 della legge regionale n. 12/2003- il quale prevede nel disciplinare l’articolazione dell’ordinamento della Polizia Municipale tre distinte e peculiari figure professionali legali, quali: 1) Il Responsabile del Corpo (Comandante); 2) Gli Addetti al coordinamento e al controllo/Responsabili del servizio di P.M..; 3) Gli Agenti. La collocazione, con effetto giuridico ed economico dal 1.1.1998, del personale (agenti) di P.M. già inquadrato nella V qualifica funzionale nella VI qualifica funzionale e successivamente, per effetto dell’entrata in vigore del nuovo CCNL Regioni/Enti Locali in data 1 aprile 1999, nella fascia “C” . La conseguente ricollocazione del personale (Addetto al coordinamento e al controllo) di P.M. già inquadrato nella VI qualifica funzionale per effetto dell’entrata in vigore del CCNL Regioni/Enti Locali stipulato in data 14 settembre 2000, nella fascia “D” comporta la collocazione del Comandante del Corpo di Polizia Municipale nella restante qualifica unica dirigenziale, atteso che le posizioni economiche insite nelle fasce (C e D), sono solo collocazioni stipendiali di natura progressiva economica che niente hanno a che vedere con la collocazione di fascia (o qualifica) superiore. In ordine alla equivalenza delle mansioni nell’ambito della categoria D esiste ormai una copiosa giurisprudenza di merito (cfr. da ultimo Tribunale di Napoli, Ordinanza n. 507/2007; TAR Puglia, Bari, sez. II, sent. n. 2116/2004). La qualifica di Comandante del Corpo di Polizia Municipale o meglio del Dirigente del Corpo (cfr. Dichiarazione congiunta n. 5 del CCNL-Comparto Regioni ed Enti Locali, Area Dirigenti, 22.02.2006) presuppone, in primis, le attribuzioni di compiti di specifica competenza dirigenziale quali la gestione amministrativa e finanziaria mediante autonomi poteri di spesa (art. 169 T.UE.L) e di organizzazione delle risorse umane (cfr. art. 9, comma 1 della legge n. 65/86) così come richiamati dall’art. 107, comma 1 del Decreto Legislativo 18.08.2000, n. 267. Va precisato che la norma la quale consente il reinquadramento del personale (cfr. art. 52, comma 6 del d.lgs. n. 165/2001) trova ora applicazione in relazione al profilo professionale ricoperto nell’ambito del modello organizzativo che si è dato l’Ente nel rispetto della legislazione nazionale e regionale in materia, e non più in relazione al soppresso art. 2 del d.p.r n. 347/83 il quali procedeva ad una classificazione degli Enti, e comunque, ai soli fini della razionale applicazione del contratto. La collocazione nella medesima fascia di appartenenza degli Addetti al coordinamento e al controllo, anche di un soggetto che svolge funzioni a loro superiori e, quindi con conseguente subordinazione gerarchica tipica di un corpo “militarmente e gerarchicamente organizzato” qual è la Polizia Municipale (cfr. Consiglio di Stato n. 616/2006; TAR Campania n. 3316/2006) oltre a sperequare il trattamento spettante a chi regolarmente svolge funzioni superiori, fa emergere consistenti difficoltà gestionali in relazione ai vincoli derivanti dall’applicazione del criterio “dell’equivalenza delle mansioni” che deve obbligatoriamente caratterizzare tutte le attività inserite legittimamente nella stessa categoria (o qualifica), secondo l’esplicita previsione dell’art. 52 del decreto legislativo n. 165/2001 e dell’articolo 3, comma 2, del CCNL Regioni/Enti Locali firmato in data 31 marzo 1999. Le disposizioni contrattuali di cui prima, infatti, non consentono la coesistenza, nella medesima categoria, di distinte posizioni di lavoro quando una di queste riveste un ruolo gerarchicamente superiore ad un’altra (cfr. art. 9, comma 2 L. n. 65/86), sia mediante lo svolgimento di compiti di maggior peso, sia attraverso l’assunzione di più elevate responsabilità (cfr. art. 9, comma 1 L. n. 65/86 e art. 169 TUEL). Va, altresì, evidenziato la particolare attenzione posta alla problematica esposta dal nostro legislatore il quale è orientato a riconoscere la “unicità delle funzioni” (cfr. d.p.r. n. 465/97) a prescindere dalle dimensioni demografiche dell’Ente di appartenenza; laddove al comandante della polizia locale non può ritenersi applicabile il combinato disposto di cui all’art. 50, comma 10 e all’art. 109, comma 2, decreto legislativo n. 267/2000, in quanto le funzioni dirigenziali sono allo stesso attribuite ex lege e non discrezionalmente con provvedimento motivato del Sindaco, fatta salva l’applicazione dell’art. 97, comma 4, lett. d) d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. Alla luce dell’art. 36 Cost. e art. 52 D.Lgs. n. 165/2001 si può, in definitiva, sostenere che al principio di unicità delle funzioni consegue l’attribuzione della qualifica unica dirigenziale in capo ai comandanti della polizia locale. Tale argomentazione trova conforto nella più accreditata dottrina e in una consolidata giurisprudenza le quali hanno sostenuto che non esiste più la “Pianta Organica” essendo previsto dall’art. 2 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 l’atto di organizzazione di carattere pubblicistico con il quale la pubblica amministrazione definisce le “dotazioni organiche complessive”, “le linee fondamentali di organizzazione degli uffici. Gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento delle titolarità dei medesimi” mentre resta assoggettato alla contrattazione collettiva la classificazione del personale (cfr. Per tutte Cass. 5 luglio 2005, n. 14193; Tribunale di Agrigento 26 marzo 2004, n. 3328/2003 RG.C; Corte di Appello di Milano, sent. 15 ottobre 2004, Pres. Castellini). Va, comunque, subito detto che tale principio va temperato ed articolato in relazione ad una maggiore professionalità richiesta ai dirigenti di polizia locale per la gestione di strutture organizzative di grandi dimensioni. Ad avviso dello scrivente tale problema può essere facilmente risolto in sede di attuazione dell’art. 8 della legge regionale n. 12/2003 mediante l’istituzione di un Albo dei comandanti della polizia locale articolato in fasce professionali. In conclusione possiamo affermare che da quanto sin qui esposto, ed in applicazione della normativa legislativa e contrattuale vigente in materia di polizia locale, discende l’autonoma collocazione del corpo di polizia municipale nella struttura organizzativa del comune e il conseguente inquadramento nella qualifica unica dirigenziale. (23 febbraio 2008)





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