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Sentenze



TAR Lombardia - Sez.III n.1891 del 31/7/2006 - sul potere Prefettura di revoca della qualifica di PS



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N. /06 Reg.Sent.

N. 1602/05 Reg. Ric.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione 3a ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1602/05 proposto da

M. V., rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Venturino, Anna Mattioli e Luciana Orrù, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, via Petrarca n.22/a

contro

MINISTERO dell’INTERNO - PREFETTURA di PAVIA

in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio presso gli uffici della stessa in Milano via Freguglia 1

e nei confronti di

COMUNE di TORREBERETTI e CASTELLARO

in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Graziano Lissandrin, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Brianzoli in Milano, via Bonvesin de la Riva 9

per l’annullamento, previa sospensione,


del decreto del Prefetto della Provincia di Pavia n. 11186 del 3 aprile 2005, con cui è stata sospesa al ricorrente la qualifica di agente di pubblica sicurezza attribuita con decreto prefettizio n. 5484 del 15.10.1996;


del provvedimento del Sindaco di Torre Beretti e Castellano n. 794 del 3 aprile 2005, con cui è stato sospeso il provvedimento sindacale che assegnava l’arma di ordinanza all’agente di Polizia locale, con ordine di riconsegna di tutta la dotazione assegnata;


di ogni altro provvedimento, pregresso e/o consequenziale e comunque connesso ai precedenti;

visto il ricorso notificato in data 30 maggio 2005 e depositato in data 9 giugno 2005;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Comune di Torre Beretti e Castellaro;

viste le memorie difensive delle parti;

uditi alla pubblica udienza del 16 febbraio 2006, relatore il cons. Domenico Giordano, l’avv. Anna Mattioli per il ricorrente, l’avv. dello Stato Andrea Caridi per il Ministero della Pubblica Istruzione e l’avv. Stefano Guarnaschelli per il Comune di Torre Beretti e Castellaro;

visti gli atti tutti della causa;

ritenuto quanto segue in:

FATTO e DIRITTO

1) Il ricorrente, assunto quale agente di polizia locale del Comune di Torre Beretti e Castellaro, ha conseguito successivamente, con decreto prefettizio del 15 ottobre 1996, il riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, dal 1° gennaio 1997, ha operato anche nel servizio intercomunale di Polizia municipale istituito fra i Comuni di Frascarolo, Sartirana, Torre Beretti e Castellaro della provincia di Pavia.

In data 31 marzo 2005, nel corso di operazioni di polizia condotte nel territorio del Comune di Valenza da personale della squadra mobile della Questura di Alessandria, lo stesso – mentre indossava la divisa e con l’arma in dotazione - veniva trovato in possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente (cocaina).

Con decreto in data 3 aprile 2005, il Prefetto di Pavia, ritenendo tale comportamento suscettibile di determinare la perdita dei requisiti richiesti per l’attribuzione della qualifica di agente di P.S., disponeva in via cautelare la sospensione della qualifica nelle more della definizione della vicenda.

Nello stesso giorno, con atto n. 794 il Sindaco del Comune di Torre Beretti e Castellaro, preso atto della determinazione assunta dal Prefetto, decretava a sua volta l’immediata sospensione del provvedimento di assegnazione dell’arma di ordinanza e della relativa dotazione.

2) Avverso tali atti il ricorrente proponeva impugnazione dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale, chiedendone l’annullamento.

A sostegno del ricorso l’interessato ha dedotto censure per violazione di legge (art. 5 l.n.65/86), sviamento di potere, carenza di potere, ulteriore violazione di legge (art. 3 l.n.241/90) ed eccesso di potere per carente motivazione, nonché, con riguardo al provvedimento sindacale, per invalidità derivata e carenza di presupposti.

Il Ministero intimato si è costituito in giudizio.

Anche il Comune si è costituito in giudizio controdeducendo.

Con ordinanza n.1448 del 15 giugno 2005 è stata respinta la domanda di sospensione cautelare del giudizio impugnato.

Con memoria depositata in data 3 febbraio 2006 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Il Ministero e il Comune, con memoria depositate in prossimità dell’udienza, hanno invece concluso per l’infondatezza delle censure formulate nel gravame.

All’udienza la controversia è stata affidata alla decisione del Collegio.

3) Il ricorrente sostiene che l’art. 5 l. 7 marzo 1986 n. 65, recante ordinamento della polizia municipale, non conferisce al Prefetto il potere cautelare di sospensione della qualifica di agente di P.S., ma abilita l’autorità amministrativa soltanto a disporre la revoca della qualifica medesima, qualora accerti il venir meno dei requisiti per il suo conferimento.

Assume che il possesso di sostanza stupefacente in modica quantità per uso personale, non integrando un’ipotesi di reato, non possa determinare la perdita del requisito di cui all’art. 5 lett. b (non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione), né tanto meno degli altri requisiti previsti dalla norma (godimento diritti civili e politici, non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici).

Il provvedimento impugnato risulterebbe, dunque, adottato in aperto contrasto con la legge e con palese difetto di motivazione.

4) La difesa erariale replica che nel caso di specie non sarebbe ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 5 l.n.65/86, in quanto il provvedimento impugnato non ha disposto la revoca della qualifica, ma soltanto la sospensione cautelare e temporanea della qualifica medesima in considerazione della gravità del comportamento tenuto dal ricorrente, affatto inconciliabile con il ruolo rivestito.

Anche la difesa comunale sostiene che l’incompatibilità tra l’assunzione di sostanze stupefacenti e il corretto esercizio delle funzioni di agente di P.S. giustifica l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio, nell’esercizio del potere di valutazione della condotta dei soggetti titolari di provvedimenti abilitativi rilasciati dall’autorità di pubblica sicurezza. Assume, altresì, l’autonomia e la legittimità della determinazione sindacale volta a privare dell’arma un soggetto dedito all’uso di sostanze psicotrope.

5) Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

La sospensione della qualifica di agente di pubblica sicurezza è stata disposta dal Prefetto sul presupposto che il comportamento posto in essere dal ricorrente costituisse motivo per procedere alla successiva revoca della qualifica per il venir meno dei requisiti richiesti dall’art. 5 l.n.65/86 per il relativo conferimento.

Il Prefetto ha ritenuto quindi di dover assumere la misura cautelare di sospensione dalla qualifica, "nelle more della definizione della vicenda", ossia in funzione del successivo accertamento delle condizioni che legittimano la revoca della qualifica, ai sensi del terzo comma dell’art.5, il quale dispone che "il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita delle qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuni dei suddetti requisiti".

Questi sono espressamente elencati al secondo comma della disposizione in esame, e consistono: a) nel godimento dei diritti civili e politici, b) nel non aver riportato condanne a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misure di prevenzione; c) nel non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici.

In proposito, la giurisprudenza ha già avuto occasione di osservare che l’elencazione dei requisiti per il predetto conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza, contenuta nell’articolo 5 della legge 7 marzo 1986 n. 65, deve considerarsi tassativa ed esaustiva, non essendo necessaria alcuna integrazione di essa da parte dell’autorità prefettizia ed ha altresì precisato che il conferimento da parte dell’autorità prefettizia della relativa qualità di agente di P.S., così come la perdita di detta qualità, costituiscono atti di natura strettamente vincolati, privi di qualsiasi margine di discrezionalità (cfr. CdS IV 30 settembre 2002 n. 4982).

Ne deriva, come fondatamente dedotto dal ricorrente, che la detenzione di una modica quantità di sostanza stupefacente per uso personale costituisce comportamento in sé inidoneo a determinare il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti e, come tale, non riconducibile all’ipotesi tassativa indicata dalla legge per la revoca della qualifica di agente di P.S.

Da ciò l’ulteriore conseguenza che il Prefetto non poteva disporre la sospensione cautelare della qualifica di agente di pubblica sicurezza già conferita al ricorrente, atteso che l’esercizio di detto potere è strettamente inerente all’esistenza del potere di revoca e questo, nel caso di specie, non sussisteva, essendo stato previsto dal terzo comma dell’articolo 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, solo per l’ipotesi che fossero venuti meno i tassativi requisiti fissati dal precedente comma due, tra i quali non è previsto quello della buona condotta trasgredito dal ricorrente.

A questo proposito, è vero che l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte degli agenti di P.S. costituisce comportamento punibile con la sospensione dal servizio, ai sensi dell’art. 6, terzo comma n.8, del D.P.R. n. 737/91, ma l’applicazione della relativa sanzione richiede l’esperimento del procedimento disciplinare e deve essere logicamente preceduta dal rigoroso accertamento in contraddittorio dei fatti, con la connessa valutazione degli interessi coinvolti, anche ai fini dell’individuazione della misura più adatta nella concreta situazione.

In tale prospettiva, la sospensione cautelare, che nella specie risulta peraltro adottata senza limiti di tempo, in contrasto con il carattere provvisorio proprio di tale categoria di atti, si risolve alternativamente nell’applicazione di una misura sanzionatoria irrogata in violazione delle regole procedurali, ovvero assume carattere sostanziale di revoca della qualifica di agente di P.S., disposta al di fuori dei casi tassativi previsti dalla legge.

Ne consegue che il provvedimento prefettizio è illegittimo e deve essere quindi annullato.

6) Deve altresì rilevarsi l'invalidità in via derivata del provvedimento sindacale con il quale è stata disposta la sospensione dell’atto di assegnazione all’interessato dell’arma di ordinanza e della relativa dotazione, trattandosi di misura adottata sull'unico presupposto della sospensione della qualifica di agente di P.S. conferita al ricorrente.

Al riguardo, non possono condividersi le osservazioni con cui la difesa comunale, nel tentativo di accreditare il carattere autonomo del provvedimento sindacale, ha rivendicato la sussistenza di un potere generale di controllo sul perdurare delle condizioni di affidabilità dell’agente di polizia municipale, munito di armi.

Il Collegio rileva che, nel caso di specie, il provvedimento sindacale non costituisce il precipitato di un’autonoma valutazione negativa circa l’affidabilità del ricorrente in merito all’uso delle armi.

In disparte la considerazione che detto apprezzamento non compete al Sindaco, è sufficiente osservare che il decreto in questione risulta, invece, palesemente formulato come atto consequenziale alla determinazione assunta dal Prefetto e si risolve in un vero e proprio atto esecutivo, come tale illegittimo in via derivata, del decreto prefettizio di sospensione della qualifica di agente di P.S., di talché la natura autonoma dell’atto risulta evidentemente smentita dal suo univoco tenore letterale, chiaramente espressivo del mero ritiro dell’arma per effetto della sospensione disposta dall’autorità statale.

7) In ragione di quanto precede, il ricorso è fondato in tutti i suoi motivi e deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1602/05 così dispone:

- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla i provvedimenti con esso impugnati;

- compensa per intero le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano il 16 febbraio 2006 in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati:

Italo Riggio - presidente

Domenico Giordano – cons. est.

Luca Monteferrante – ref.





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